ChatGPT ci rende più stupidi? Forse sì. Creare immagini con l'AI su Whatsapp. I consigli del signor Linkedin ai laureati.
Le novità in tema di AI della settimana.
NonSoloAi in sintesi…
🧠💸⚡ ChatGPT ci rende più stupidi?
📱🎨💬 Creare immagini con l'AI su Whatsapp
💼🚀👥 I consigli del signor Linkedin
🔬💊🎯 L'AI aiuta la ricerca contro il cancro
ChatGPT ci rende più stupidi? Sì, secondo il MIT
Un gruppo di ricercatori del MIT ha messo 54 persone a scrivere saggi per quattro mesi, attaccandogli degli elettrodi in testa per vedere cosa succedeva al loro cervello. Un terzo poteva usare solo ChatGPT, un terzo solo Google, un terzo doveva cavarsela da solo.
Ebbene, chi usava ChatGPT mostrava connessioni neurali significativamente più deboli degli altri. Le onde cerebrali che accompagnano memoria profonda e creatività erano sottotono, come se il cervello avesse deciso di mettersi in modalità risparmio energetico. Chi scriveva senza aiuti mostrava invece la massima attivazione: reti neurali robuste, il cervello che lavorava a pieno regime.
Ma il dato più impressionante è arrivato quando hanno chiesto ai partecipanti di citare frasi dai propri saggi. L'83% di chi aveva usato ChatGPT non riusciva a ricordare nemmeno una riga di quello che aveva scritto. Zero su diciotto è riuscito a fornire una citazione corretta. Chi aveva scritto senza aiuti ricordava invece tutto con precisione. E poi c'era il senso di proprietà. "Quanto è tuo questo saggio?" Molti del gruppo ChatGPT rispondevano con percentuali: 50%, 70%. Alcuni ammettevano: "Non è mio per niente". Chi aveva scritto da solo rivendicava piena proprietà delle proprie parole.
Nell'ultima sessione i ricercatori hanno fatto il gioco delle sedie: chi aveva sempre usato ChatGPT doveva scrivere senza, chi aveva sempre scritto da solo poteva finalmente usare l'AI. Chi veniva da mesi di ChatGPT mostrava un cervello che faticava a riaccendersi anche quando scriveva da solo. Come muscoli atrofizzati. L'analisi dei testi ha rivelato un'altra cosa curiosa: i saggi scritti con ChatGPT erano tutti sorprendentemente simili tra loro. Stesse espressioni, stessi schemi. Come se cinquanta persone diverse avessero improvvisamente sviluppato lo stesso stile. I docenti che hanno valutato i saggi (senza sapere chi aveva usato cosa) descrivevano quelli generati con AI come "senz'anima": tecnicamente corretti ma privi di personalità. L'intelligenza artificiale che faceva da giudice li considerava invece superiori, concentrandosi su correttezza e struttura.
Gli autori dello studio usano un'espressione efficace: "debito cognitivo". Come il debito economico, ti fa ottenere oggi quello che pagherai domani. Il cervello impara a non attivarsi, confidando che ci penserà la macchina. Ma quando la macchina non c'è, resta un vuoto.
Nessuna apocalisse all'orizzonte, sia chiaro. È solo che forse vale la pena sapere cosa stiamo scambiando. E non dimenticarci di avere un cervello.
I consigli del signor Linkedin su come non morire di AI
Reid Hoffman, il signor LinkedIn, ha scritto una lettera ai neolaureati attraverso il San Francisco Standard. Il timing non poteva essere peggiore: migliaia di giovani escono dall'università nel momento esatto in cui i leader dell'AI predicono "bagni di sangue" per i lavori da colletto bianco. Dario Amodei di Anthropic dice che metà dei lavori entry-level potrebbero sparire nei prossimi cinque anni.
Hoffman però è ottimista. Il suo consiglio è semplice: invece di cercare di proteggere la carriera dall'AI, usatela. "Avrebbe avuto senso immaginare la propria carriera senza internet nel 1997? O senza YouTube nel 2008?" I giornalisti più quotati pensavano fosse stupido pubblicare bozze gratis su Twitter per farsi insultare da troll anonimi. Eppure Twitter è diventato strumento essenziale e chi l'ha capito ci ha costruito sopra una carriera.
La ricetta di Hoffman è questa: diventare fluenti in AI, ma non limitarsi all'ingegneria dei prompt. Capire come l'AI ridistribuisce il potere, ristruttura i flussi di lavoro, crea nuove competenze richieste. E soprattutto: sviluppare l'intenzione. "Le persone capaci di formare intenzioni e fissare obiettivi emergeranno come vincitori", scrive citando Sam Altman: "Puoi semplicemente fare le cose".
Il suo punto è che non è mai stato più facile creare una prima opportunità. Con gli strumenti giusti puoi fare quello che prima richiedeva team interi: creare contenuti e brand, testare campagne marketing, scrivere codice, progettare prodotti. La concorrenza sarà feroce, ma lo è sempre stata per i lavori migliori.
I suoi consigli pratici: scegliere progetti che mostrino le proprie competenze specifiche. Provare molte cose. Invece di piani quinquennali, esperimenti da sei mesi. Trovare una nicchia significativa o un problema importante da risolvere. Imparare in pubblico: far vedere il percorso che stai facendo.
E poi, dice Hoffman, concentrarsi sulle persone. L'AI può scalare, le relazioni umane no. La rete personale diventa più preziosa che mai. "Diventa fluente in AI ma concentrati sulle persone."
La sua conclusione suona come un manifesto generazionale: "L'AI ci dà tutti la possibilità di essere protagonisti in una storia che si sta ancora scrivendo. Ma non basta più essere la star della propria narrazione. Devi anche dirigere."
Consigli da uno che di storie di successo se ne intende. E che evidentemente continua a credere che le opportunità si creino più che si aspettino.
Creare immagini con Whatsapp
Preparatevi a un bastimento carico di immagini su Whatsapp, create con l’AI: quando lo scopriranno i gruppi di mamme sarà la fine, ma tant’è: Meta ha appena annunciato la possibilità di “creare immagini usando Meta AI nelle chat di WhatsApp. Le immagini IA sono generate da un'intelligenza artificiale (IA) sulla base delle richieste che inserisci”. Non è difficile creare le immagini con Meta: ma, vi pregeo, se avete il mio numero non testate questa funzionalità su di me. 😝😝😝
L’AI può aiutare nella prevenzione del tumore al seno
Negli Stati Uniti, la Food and Drug Administration (FDA) ha appena approvato Clairity Breast, il primo software che analizza le immagini mammografiche non per trovare un tumore esistente, ma per predire il rischio che se ne formi uno nei cinque anni successivi. La particolarità non sta tanto nella tecnologia in sé - l'intelligenza artificiale viene usata in radiologia da oltre trent'anni - quanto nell'approccio. Se ne parla sul Corriere.
Fateci sapere cosa ne pensate di queste novità 💭